Plain language nelle PA: intervista a Valentina di Michele

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A novembre 2024 è uscito il primo rapporto dell’Osservatorio sul linguaggio chiaro dedicato alla Pubblica Amministrazione. Cosa significa utilizzare una comunicazione e un linguaggio chiaro per gli enti della PA? E per i Comuni? Lo abbiamo domandato a Valentina Di Michele, imprenditrice, esperta di UX Writing, direttrice del DiParola Festival – evento dedicato al linguaggio chiaro, inclusivo, accessibile – e fondatrice e AD di Officina Microtesti, partner del programma del Parlamento Europeo “Digital Skills” e del Plain Language Network. 

Cosa vuol dire Plain Language o linguaggio chiaro

Riportiamo la definizione ufficiale di Plain Language che significa linguaggio chiaro tratta da “Il Plain Language: quando le istituzioni si fanno capire, di D. Fortis”.

“Il plain language è il linguaggio che trasmette al lettore informazioni in possesso dello scrittore nel modo più semplice ed efficace possibile. Privo di complessità non necessarie, è la linea retta che costituisce la via più breve fra due punti: l’emittente e il destinatario del messaggio. Scrivere in plain language significa individuare tutte e solo le informazioni di cui il lettore ha bisogno, per poi organizzarle ed esporle in modo che abbia buone probabilità di comprenderle. Idealmente, il lettore dovrebbe riuscire a capire il testo alla prima lettura. Il plain language è la lingua ordinaria, che si sforza di assomigliare a quella usata nella conversazione quotidiana (senza, tuttavia, arrivare a coincidere con essa, perché le differenze tra oralità e scrittura non si possono eliminare del tutto, né è desiderabile farlo). È un linguaggio moderno, vicino all’uso, immune da espressioni gergali, dotte, desuete o rare, e coadiuvato da un’impostazione grafica che agevola la lettura”. 

Parlare chiaro è un impegno etico, inclusivo, democratico: la possibilità di comprendere meglio realtà, prendere decisioni informate, avere una piena partecipazione alla vita civile”.

Rapporto 2024 Osservatorio sul linguaggio chiaro 

Come è nata l’idea di fondare l’osservatorio e realizzare il report?

Questa è la prima edizione del report e l’idea è nata all’interno del DiParola Festival, perché sentivamo l’esigenza di lasciare qualcosa di concreto. Volevamo mettere nero su bianco cosa significa “parlare chiaro” in Italia. 

Abbiamo iniziato dalla pubblica amministrazione perché è il settore in cui il linguaggio chiaro ha un maggiore impatto sulla cittadinanza, in quanto tocca molti aspetti della vita civile.

Che strumenti avete usato per l’analisi e come li avete scelti?

Analizzare il linguaggio chiaro con strumenti automatizzati è complesso. Non esiste un’intelligenza artificiale pronta per questo tipo di prodotto. Abbiamo utilizzato READ-IT-it, un software di linguistica computazionale sviluppato dal CNR, che misura aspetti testuali come il tipo di parole, la lunghezza delle frasi e la sintassi. Lo abbiamo affiancato a un’analisi umana, basata sui principi del plain language (linguaggio chiaro) inclusi nelle Linee Guida dello standard ISO 24495-1:2023 – Plain Language:

  • pertinenza: chi legge può ottenere ciò di cui ha  bisogno. Considera gli obiettivi, le emozioni, la memoria, l’attenzione di chi legge e il design della pagina
  • reperibilità: chi legge può trovare facilmente ciò di cui ha bisogno. Considera l’architettura e la gerarchia dei  contenuti (“content design”).
  • comprensibilità: chi legge può capire facilmente ciò che trova. Considera sintassi, lessico e tono di voce
  • usabilità: chi legge può usare facilmente le informazioni. Considera i test sul contenuto.

Stiamo sviluppando altri strumenti interni per combinare analisi quantitative e qualitative, ma al momento questi approcci integrati hanno funzionato.

Nel report avete giustamente sottolineato che nessun ente analizzato è sotto accusa. Eppure, quali sono le responsabilità della pubblica amministrazione nei confronti dei cittadini?

Quando si fa un disclaimer, spesso si evidenzia proprio ciò che si vuole minimizzare. Non vogliamo accusare specifiche persone o enti, ma è innegabile che ci siano difficoltà strutturali e formative. Il linguaggio del fisco, ad esempio, è complesso già alla fonte e necessita di maggiore divulgazione. Le responsabilità non sono solo dell’ente, ma anche del sistema che lo alimenta. 

Ogni ente ha il dovere di favorire la comprensione pubblica, rinnovando le proprie modalità di comunicazione e affrontando un necessario cambiamento culturale.

Che rapporto c’è tra linguaggio chiaro, accessibilità e user experience?

Questi elementi sono strettamente interconnessi. La nostra esperienza su un sito web passa anche dalla chiarezza del linguaggio e dalla facilità di accesso alle informazioni. Un linguaggio non chiaro o non usabile riduce l’accessibilità e compromette la user experience. Chiaramente, il linguaggio chiaro deve essere supportato da una progettazione strutturale: non basta scrivere testi semplici, bisogna anche semplificare le procedure e ottimizzare i contenuti per l’utente finale.

Perché le amministrazioni pubbliche sono così legate al burocratese?

Spesso è una questione di abitudine e insicurezza. Chi lavora in queste realtà tende a replicare i modelli comunicativi trovati al suo ingresso, percependo il burocratese come linguaggio ufficiale. 

Cambiare richiede formazione e coraggio, ma non è impossibile. 

Quando si introducono nuovi modelli e si mostrano i vantaggi di una comunicazione chiara, le persone sono ben disposte ad adeguarsi. 

Ci sono dati che dimostrano i benefici del linguaggio chiaro?

Sì, un esempio significativo è il progetto di semplificazione dell’INPS. Dopo aver rivisto 200 pagine web e 300 lettere e moduli, 

i test hanno mostrato che il 73% degli utenti ha preferito le versioni semplificate. 

L’indice Gulpease, che misura la leggibilità, è migliorato sensibilmente. Questo dimostra che il linguaggio chiaro non è solo un ideale, ma porta a risultati concreti.

Cosa possono fare le amministrazioni comunali per migliorare la comunicazione?

Prima di tutto, cercare risorse gratuite, come quelle offerte dal festival di Parola e dalle linee guida e dal Manuale di Designers Italia. Copiare chi lo fa meglio è un ottimo punto di partenza, iniziando con piccoli cambiamenti e mettendosi nei panni del destinatario. Ad esempio, usare un linguaggio che si rivolga chiaramente anche a un pubblico anziano o poco esperto può fare una grande differenza.

Nel 2022 raccontavamo di come  la virtuosa provincia di Bolzano sceglieva già la lingua facile per i suoi portali. Quali comuni si distinguono per la comunicazione chiara?
Alcuni comuni come Pordenone, Milano e Bologna si sono distinti per l’adozione di linee guida e corsi di formazione specifici. Nei comuni, la catena di approvazione è spesso più breve, il che facilita il cambiamento. 

Amministrazioni con sindaci e sindache giovani o progetti innovativi hanno mostrato come sia possibile migliorare la comunicazione in tempi rapidi.

Scarica il rapporto sul linguaggio chiaro nella PA e ricorda che la tua amministrazione comunale può avere uno strumento in più per parlare chiaro e creare una buona comunicazione con la cittadinanza.