Civic hacking: che cos’è e chi sono i civic hacker?
Avete mai sentito parlare di civic hacking? Sembra strano leggere nella stessa frase le parole “hacking” e “civile/civico”, soprattutto se non abbiamo ben chiaro il significato della prima. In verità lo civic hacking, attivo da molti anni in tutto il mondo, è una realtà che ha generato progetti virtuosi, il cui unico scopo era il miglioramento della vita di una comunità.
Spesso e volentieri la parola hacking è associata a qualcosa di negativo. Deriva dal verbo inglese “to hack”, che significa “intaccare”. Nel mondo informatico, a volte viene associata ad attività illecite di pirateria, vandalismo e/o violazione. Questo, però, non è l’unico significato possibile: l’hacking può comprendere anche attività positive, tutt’altro che illegali o lesive.
Hacking “civico”
Quando parliamo di civic hacking facciamo riferimento a tutto quell’insieme di soluzioni adottate per fronteggiare un problema della comunità. Per essere abbastanza “hacking”, naturalmente, queste soluzioni devono prevedere delle attività che richiedono competenze informatiche, digitali e tecnologiche.
In parole povere, lo civic hacking è la parte buona del movimento degli hacker i quali, in questo caso, mettono a disposizione le proprie abilità e conoscenze fronteggiare un problema comune. Insomma, una partecipazione più che attiva alla ricerca e al raggiungimento di un bene collettivo.
In particolare, fare hacking civico significa elaborare soluzioni alternative e creative a problemi che interessano la collettività. Spesso, ciò implica il modificare l’uso di alcuni strumento ed elementi per far fronte a determinate criticità. Un ottimo esempio di questa strategia sono gli open data. In fondo, forse, un altro piccolo esempio in questo senso potrebbe essere quello che facciamo noi di Comuni-Chiamo.
Il civic hacking dovrebbe interfacciarsi e collaborare direttamente con le Pubbliche Amministrazioni. Purtroppo questo non accade sempre, almeno in Italia, dove progetti di questo tipo non ricevono abbastanza supporto da parte delle PA. Le stesse istituzioni, spesso, non sembrano capaci di cogliere questa opportunità. In altri Paesi, l’hacking civico gode di maggior considerazione: negli Stati Uniti, ad esempio, è accaduto che il governo ha finanziasse lo sviluppo di alcuni progetti.
Gli hacker civici devono avere due caratteristiche:
- competenze forti e specifiche, soprattutto nell’informatica. Possono essere programmatori o analisti, ma anche comunicatori, organizzatori, imprenditori, impiegati governativi ecc.. Tutto questo vale anche al femminile, ovviamente;
- la voglia di mettersi attivamente in gioco per provare a risolvere i problemi della comunità, avendo come interesse e obiettivo il bene collettivo.
Se il tema stuzzica la vostra curiosità, godetevi “Why good hackers make good citizens” (“Perché dei buoni hacker fanno dei buoni cittadini”) un TED Talk di Catherine Bracy :
Hacking civico in Italia
Un esempio di progetto di hacking civico degno di nota in Italia è sicuramente Terremoto Centro Italia. Nelle loro parole, si tratta di
un progetto non profit, organizzato interamente da volontari. È nato per condividere informazioni utili e verificate sugli eventi sismici che hanno coinvolto il centro Italia durante il 2016 e il 2017. […] Il progetto si pone come scopo quello di aggregare e non disperdere contenuti utili a tutti provenienti da fonti di varia natura (ufficiali e non) al fine creare valore in un momento di crisi per il paese.”
Questo progetto è nato nell’estate del 2016, un periodo in cui forti scosse sismiche hanno attraversato il centro Italia. Matteo Tempestini, tra gli ideatori del progetto, afferma che con l’espressione civic hacker solitamente si fa riferimento a coloro che mettono a disposizione le proprie competenze tecniche per collaborare con i governi. Quello che si è voluto fare in Italia, però, è stato creare alla base del progetto una community di hacker composta non solo da professionisti dell’informatica, ma anche da normali cittadini che hanno contribuito a fornire informazioni e aggiornamenti utili.
L’hacker civico è quindi colui che, indipendentemente dalle competenze, desidera partecipare al cambiamento, al miglioramento collettivo. E voi, siete pronti alla rivoluzione?