Pensare all’oggi guardando al domani: il progetto Icaro

Quando la Fondazione Golinelli ha chiesto a me e Matteo di lavorare come mentor nell’ambito del suo progetto Icaro, non avevamo molto chiaro che cosa significasse essere mentor. Nella vita facciamo siamo imprenditori, docenti e consulenti: eravamo convinti che essere mentor richiedesse competenze simili, che non sarebbe stato poi molto diverso da quello che già facciamo tutti i giorni. E invece no.

La differenza è molto semplice: non siamo protagonisti, siamo comparse. E meno ci facciamo notare meglio è.

Il nostro compito è quello di far vivere le esperienze formative ai brillanti ragazzi che partecipano al progetto con la massima intensità possibile. Dobbiamo rimuovere gli elementi di disturbo, sgomberare la strada, lasciarli fare. Dobbiamo fare in modo che, una volta finito il percorso, abbiano imparato il massimo che potessero imparare.

A tre mesi dall’inizio del progetto Icaro, io e Matteo qualcosa riguardo alla formazione dei giovani, al lavoro in team e all’imprenditorialità crediamo di averla imparata.

L’importanza del talento

A scuola siamo abituati a confrontarci con la media: “Sei stato più bravo della media” si dice, mentre quello che prende voti eccezionali viene guardato con sospetto. “Bravo ma non troppo” è il posizionamento ideale per un ipotetico studente che, pur volendo impegnarsi, non vuole sentirsi diverso. Questa mentalità è così radicata che quando qui sopra ho scritto “brillanti ragazzi” mi sono sentito strano, mi sono chiesto se non stessi esagerando, se un profilo più basso non sarebbe stato forse più indicato.

Ho lottato un po’, prima di decidere di chiamare le cose con il loro nome, perché del talento e della voglia di fare non ci dovrebbe mai vergognare. Del resto, là fuori le aziende si danno battaglia per assicurarsi i ragazzi e le ragazze più capaci: alla fine, sono loro a fare la differenza.

L’importanza dell’unicità

Tre punti di vista differenti che si confrontano producono sempre soluzioni migliori di quelle prodotte da cento persone che la pensano tutte nello stesso modo. Solo guardando un problema da più prospettive lo si può capire davvero, e solo dopo averlo capito davvero si può pensare di risolverlo. Il più delle volte la soluzione che emerge dal gruppo sarà una soluzione totalmente nuova, diversa da quella che ciascun componente aveva in mente all’inizio.

Certo, non è un percorso facile: nel caso del progetto Icaro, ragazzi e ragazze che fino al giorno prima utilizzavano lingue diverse per parlare di mondi diversi hanno dovuto costruire un nuovo linguaggio condiviso, un nuovo codice con cui risolvere un problema di un mondo prima sconosciuto: quello dell’azienda.

L’importanza della compresenza pratica e teoria

A scuola impariamo dai libri. All’università impariamo dai libri. Poi arriviamo nel mondo del lavoro e scopriamo di sapere poco o nulla. Nel progetto Icaro si utilizza un approccio differente: prima si fanno le cose, poi si impara a farle.

Quando ci troviamo di fronte a un problema nuovo, siamo costretti a raccogliere informazioni, elaborare possibilità, sperimentare soluzioni (anche un po’ improbabili). Così impariamo nel modo più autentico possibile: con l’esperienza. Solo in un secondo momento il problema potrà essere analizzato da un punto di vista teorico, verranno forniti schemi, strumenti e strategie per risolvere non solo quello specifico problema, ma anche quelli che, seppure in altre forme e contesti, si presenteranno in futuro.

L’importanza della responsabilità

Ai ragazzi e alle ragazze di Icaro vengono date poche cose:

  • un compito molto specifico (risolvere un problema dell’azienda);
  • alcuni strumenti (operativi e nozionistici);
  • alcune risorse (di tempo ed economiche).

Per il resto hanno carta bianca, possono intraprendere la strada che ritengono migliore e possono organizzarsi come meglio credono. L’unica cosa che è stata loro chiesta è il risultato finale, un risultato su cui dovranno mettere la propria faccia durante la presentazione finale all’azienda.

Anziché micro-controllare il loro operato, si è scelto uno stile orientato ai risultati: i ragazzi diventano imprenditori di sé stessi, del loro tempo e delle risorse che hanno a disposizione, e alla fine renderanno conto di quello che hanno prodotto. Responsabilità e libertà d’azione sono gli ingredienti che, quando ben bilanciati, producono il miglior apprendimento e i migliori risultati.

L’importanza del saper guardare lontano

Il progetto Icaro non è stato creato pensando all’oggi. I suoi effetti si vedranno tra un paio d’anni o forse un po’ di più, quando ragazzi e ragazze usciranno dall’università ed entreranno nel mondo del lavoro. Nel progetto Icaro si investe oggi per far crescere i protagonisti e le protagoniste del mondo del lavoro di domani.

Ad investire nel futuro è la Fondazione Golinelli, con risorse e competenze, e sono i ragazzi, con tempo ed energie. Il tutto senza tralasciare i loro studi, perché per raggiungere certi risultati bisogna lavorare meglio, certo, ma anche più degli altri.

L’importanza della fiducia

In fondo, credo che il progetto Icaro parli di fiducia. La fiducia richiede coraggio, pazienza e un po’ di incoscienza, perché è tutto tranne che intuitiva. Ti si chiude un po’ lo stomaco, quando vedi persone giovani interagire con l’Amministratore Delegato di una grande azienda. Io, a quell’età, facevo fotocopie e archiviavo fatture,: non ero considerato nemmeno dal mio responsabile, figuriamoci dai manager.

Ci pare che il lavoro del mentor sia proprio questo: far arrivare queste e questi giovani il più lontano possibile, più lontano di quanto siamo arrivati noi. Aiutarli ad evitare gli errori inutili, immergerli in quelli utili, insegnar loro i trucchi del mestiere e poi lasciarli fare, fiduciosi che troveranno la strada. Non la tua, ciascuno la propria.

Con il progetto Icaro la Fondazione Golinelli ha scelto un modo nuovo di insegnare ai ragazzi l’imprenditorialità, la collaborazione, la responsabilità: un progetto che coniuga università e mondo del lavoro, spunti teorici ed esecuzione pratica. Una palestra che abbraccia le contraddizioni e, dal contrasto, crea valore.

Come mentor, io e Matteo abbiamo la fortuna di poter accompagnare queste giovani persone nel loro percorso di crescita, almeno per un pochino. Stiamo imparando il mestiere incontro dopo incontro. Se lavoreremo bene, non lo sapremo oggi, forse nemmeno domani, ma vedremo i risultati per anni. Direi che ne vale la pena.

Gilberto Cavallina